giovedì 11 ottobre 2007

Percorso: “Andiamo avanti o indietro?” “Proviamo…”

Non siamo macchine, abbiamo un’anima. A volte mi chiedo però che fine abbia fatto. L’abbiamo barattata da tempo chissà per quale gloria incognita e futura. Ma sia. Siamo qui. Prodotto di altre menti. Tappa successiva di un percorso, di un’idea, di una prova. Si sentiva l’esigenza di ascoltare musica a tutte le ore, in tutti i luoghi ecco perché siamo giunti a creare il modo per farlo. Walkman, cd, mp3, i-Pod. Avevamo bisogno di poter avere a nostro piacimento acqua calda e luce. Ecco l’elettricità. Fiat Lux. Siamo noi a dirlo. Adesso. E ci siamo sostituiti a Lui. Non ne abbiamo più bisogno. Possiamo farcela da soli, grazie! Nasciamo in questo mondo che è già formato in un certo modo. Noi dobbiamo solo seguire quello che ci viene detto. E formarci alle varie scuole, e scuole di pensiero. Un adolescente oggi ha quello che io non immaginavo potesse essere inventato. E continua la ruota del progresso. E bisogna stare sempre, bene o male, al passo. Si costruisce una scala per raggiungere vette infinite. Noi siamo ad un punto critico. La costruzione sembra in bilico. Una nuova Torre di Babele pronta per essere abbattuta. Ma colmo dei colmi saremo noi stessi ad abbatterla. E’ troppo alta. Ma se siamo qui ci diciamo: "Non è mica colpa mia!" E’ stata fatta una prova. Si scopre il petrolio, chimici riescono a raffinarlo e a farci uscire fuori di tutto. Dalla plastica alla benzina. Sono nato in quest’era. Ci chiediamo se la prova è riuscita. Forse potranno rispondere solo i figli dei nostri figli? Intanto continuiamo a provare e a seguire la rotta tracciata. "Non è mica colpa mia!" Potrei però essere un’anima che cambia solo corpo. E reincarnarmi spesso. Secondo una diffusa teoria orientale. Oppure potrei essere un’anima nuova che alla morte va in Paradiso o all’Inferno, secondo una nota teoria (si pensa) occidentale. Ma siamo qui. Sia che ci siamo stati, sia non. Ma sappiamo che abbiamo un incessante e inarrestabile bisogno di fare, di operare, di costruire, di produrre. Non riusciamo a stare fermi. Cosa ci spinge a muoverci? E come mai ogni volta che facciamo e creiamo qualcosa questa ha in sé un duplice uso? E positivo e negativo? Questa duplicità è insita, è innata. La ritroviamo prima che fuori, dentro di noi. Uscendo si manifesta come concreta. Ognuno di noi veste, per esempio, in un certo modo. Utilizzando tessuti e colori diversi. Manifestando esternamente un sentire interno. Così per la musica che si ascolta, per come e quanto si mangia. Per come si pensa e si parla. Tutto fuori! Ciò che è dentro. E dentro può esserci un pozzo senza fondo! Anima nuova?! Ciclo di rinascite e morte?! Siamo dei robot, forse prototipi dimenticati da altre specie più evolute di noi. Siamo un esperimento. Davvero siamo dei fallimenti di prototipi e il mondo è la grande spazzatura in cui siamo stati gettati? Che favola!? Forse più esagerata di quella del serpente che parla sull’albero e che tenta Eva e Adamo! Per un periodo c’ho pure creduto! Qualcuno cerca ancora il Sacro Graal o l’Arca di Noè! Scaviamo nel passato e troviamo sempre qualcosa che appartiene al presente. I primi tam tam e le prime urla si trasformano nel be-bop! Qualcosa mi sfugge. Resti di coccio che formano vasi, bicchieri, piatti. Il materiale è differente certo, ma l’uso è lo stesso. Ora noi abbiamo oltre alla ceramica e al vetro anche la plastica. Non altro che petrolio. Non altro che cocci che inspiegabilmente sottoterra si sono trasformati in liquido nero. Perché poi non colorato. Perché non un bel liquido azzurro o rosa? No. Nero! Non ci spieghiamo da dove veniamo e quale è il nostro scopo. Da cosa o da chi nasciamo. L’evoluzione, Darwin, Dio…Prima l’uovo o la gallina? Eppure, nel frattempo, ci occupiamo d’altro. Nell’attesa facciamo altro. Eh sì. L’agitazione, il senso di smarrimento ci spingono a fare e a occupare il tempo. Trovare e creare cose utili che possano darci un senso di protezione e sicurezza. Eppure, di fondo, quel senso di smarrimento e agitazione non va via. Persiste. Anzi, aumenta. Qualcuno, è vero occupa tutta la sua vita per cercare la verità, bandendo tutto il resto. Evviva uomini di questo genere! Gesù, Budda, etc. Altri preferiscono sempre distrarsi, non pensare a "queste cose", ma a portarsi interi palazzi di proprietà all’altro mondo, nella tomba con loro. Aggrapparsi alla vita mettendo su un po’ di compagnia, la famiglia. Attaccarsi al lavoro e alla carriera come se fossero la vera vita. E poi, una volta costruito il loro impero, recintarlo e chiudersi a chiunque non sia già conosciuto. Anche con il miglior lavoro, con la più bella famiglia, siamo sempre poveri e nudi e soli. Ogni tanto bisogna ricordarselo. Solo così l’anima può respirare. Cartesio ha descritto un corpo senza anima. Un meccanismo alquanto perfetto che si muove in assi cartesiani appunto. Un Logos, una Ragione che pensa e cammina. Non gli tornava qualcosa però. Quest’anima dove la metto?! Eh sì perché in fondo quest’anima c’è! Il difficile è stato cercargli un posto. Dare al meccanismo il soffio vitale. Quasi quasi la metto nella ghiandola pineale! Ma la prova per vedere se c’era l’ha fatta? Come no! Moribondi, sdraiati sul lettino ancora vivi, e zac…un colpo e via subito a vedere e cercare se l’anima si trova. Sarà volata via subito!Peccato...riproviamo! Per la scienza che ci ha portati fino a qui, questo e altro. Prova uomo, prova. Prima o poi c’azzecchi! Pazzi!!!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

"ho sventrato migliaglia di uomini, ma in nessuno di loro ho trovato una sola anima".......frase bella,molto bella!!!Si siamo dei robot, siamo delle ibridazioni che stanno prendendo forma, siamo cibernetici, siamo carne e ferro, siamo anima e materiale inanimato, siamo l'occhio che vede e l'occhio che viene visto. Siamo post FROZEN, il video realizzato da madonna, siamo il corpo post organico di teresa macrì, siamo i CREMASTER di matthew barney, siamo l'agghiacciante verità di stelarc e i suoi bracci macchenaci.siamo un corpo-luogo che non è ne pieno ne vuoto,non ha ne dentro ne fuori. siamo un corpo satellite, un corpo che è carne mutante e attività neuronale, molecole planetarie e silicio,in poche parole i cyborg sono gia tra noi; è la dualità macchina/corpo finalmente fusa. felici di essere finalmente materia!!!!!!!
il mondo è fatto per gli dei!!!!!!!!aloa auppo

Anonimo ha detto...

è vero se ti guardi intorno vedi che il mondo va avanti e tutto divnta computerizzato..è così bello parlare e non sentirsi dare informazioni da una voxe meccanica..alcune persone sono fredde tanto da sembrare robot e molti sono i cattivi..le città sono ammassi di palazzi ma quanti cuori battono dietro quelle pareti e basta chiudere gli occhi per immaginare un mondo diverso pieno di colore anche se è molto difficile di questi temoi..perchè si ha paurta delle novità e dll'astraneo che forse è questo senso di vaghezza che abbiamo dentro..ciao ste gfk

Anonimo ha detto...

MANIFESTO CYBORG - UN ESTRATTO
di Donna Haraway
tratto da Manifesto Cyborg, Ed. Feltrinelli, collana InterZone

Nell'immaginario occidentale, i mostri hanno sempre tracciato i confini della comunità. I centauri e le amazzoni dell'antica Grecia, immagini della disgregazione del matrimonio e della contaminazione del guerriero con l'animalità e la donna, hanno stabilito i limiti dell'accentrata polis del maschio umano greco. I gemelli indivisi e gli ermafroditi erano il confuso materiale umano della Francia agli albori della modernità, il cui discorso si fondava sulle categorie di naturale e soprannaturale, medico e legale, portento e malattia, che sono centrali nella definizione dell'identità moderna. Le scienze evoluzioniste e comportamentiste di scimmie e scimpanzé hanno disegnato i confini multipli delle identità industriali del tardo Ventesimo secolo. I mostri cyborg della fantascienza femminista delineano possibilità e confini politici piuttosto diversi da quelli proposti dalla finzione terrena dell'Uomo e della Donna.
Molto consegue dal riuscire a pensare le immagini dei cyborg come altri dai nostri nemici. I nostri corpi, noi stessi: i corpi sono mappe del potere e dell'identità. I cyborg non fanno eccezione; un corpo cyborg non è innocente, non è nato in un giardino, non cerca un'identità unitaria e quindi non genera antagonistici dualismi senza fine (o fino alla fine del mondo). Il cyborg presume l'ironia; uno ètroppo poco, e due è solo una possibilità. L'intenso piacere della tecnica, la tecnica delle macchine, non è più un peccato, ma un aspetto dello stare nel corpo. La macchina non è un quid da animare, adorare e dominare; la macchina siamo noi, i nostri processi, un aspetto della nostra incarnazione. Noi possiamo essere i responsabili delle macchine, loro non ci dominano né ci minacciano; noi siamo i responsabili dei confini, noi siamo loro. Fino a ora (sembra un secolo) avere un corpo femminile sembrava scontato, organico, necessario, e consisteva nella capacità di fare da madre e nelle sue estensioni metaforiche. Solo stando fuori posto abbiamo potuto godere dell'intenso piacere delle macchine e quindi appropriarcene, col pretesto che in fondo si trattava di un'attività organica. Il mito dei cyborg considera più seriamente l'aspetto parziale, a volte fluido, del sesso e dell'abitare sessualmente il corpo. Il genere in fondo potrebbe non essere l'identità globale, pur avendo un respiro e una profondità radicati nella storia.
La complessa questione ideologica di cosa conti come attività quotidiana, come esperienza, può essere esplorata sfruttando l'immagine dei cyborg. Le femministe hanno sostenuto di recente che le donne sono dedite alla quotidianità, che le donne in certo qual modo provvedono alla vita quotidiana più degli uomini, e che quindi occupano, potenzialmente, una posizione epistemologica privilegiata. Questa è in parte un'affermazione innegabile, che rende visibile la svalutata attività femminile e la colloca alla base della vita. La base della vita? Ma allora, tutta l'ignoranza delle donne, le esclusioni e le carenze di abilità e conoscenza? Che dire dell'accesso maschile alla competenza quotidiana, al saper costruire, smontare, giocare con le cose? Che dire delle altre assunzioni di corpo? Il genere cyborg è una possibilità locale che si prende una vendetta globale. La razza, il genere, e il capitale richiedono una teoria cyborg di parti e di interi. Nei cyborg non c'è la pulsione a produrre una teoria totale, ma c'è un'intima esperienza dei confini, della loro costruzione e decostruzione. C'è un sistema di miti in attesa didiventare un linguaggio politico su cui basare un modo di guardare la scienza ela tecnologia e di sfidare l'informatica del dominio per un'azione potente.
Un'ultima immagine. Gli organismi e la politica organismica, olistica,dipendono dalle metafore di rinascita e invariabilmente attingono alle risorse del sesso riproduttivo. Vorrei suggerire che i cyborg hanno più a che fare con la rigenerazione e guardano con sospetto alla matrice riproduttiva e alla nascita in genere. Per le salamandre, dopo una ferita, come per esempio la mutilazione di un arto, c'è una rigenerazione che comporta la ricrescita di una struttura e il recupero di una funzione, con la possibilità costante di una gemellazione o di altre strane produzioni topografiche al posto della mutilazione. L'arto ricresciuto può essere mostruoso, doppio, potente. Siamo stati tutti feriti, in profondità. Abbiamo bisogno di rigenerazione, non di rinascita, e le possibilità della nostra ricostituzione includono il sogno utopico della speranza in un mondo mostruoso senza il genere.
Le immagini possono aiutarci a esprimere due tesi cruciali a questo saggio: primo, la produzione di teorie universali e totalizzanti è un grave errore che esclude gran parte della realtà, e questo forse sempre, ma certamente ora; in secondo luogo, assumersi la responsabilità delle relazioni sociali della scienza e della tecnologia significa rifiutare una metafisica antiscientifica, una demonologia della tecnologia, e di conseguenza significa accettare il difficile compito di ricostruire i confini della vita quotidiana, in parziale connessione ad altri, in comunicazione con tutte le nostre parti. Il punto non è solo che la scienza e la tecnologia offrono all'umanità il mezzo di ottenere grandi soddisfazioni e sono matrici di complesse dominazioni. Le immagini cyborg possono indicarci una via di uscita dal labirinto di dualismi attraverso i quali abbiamo spiegato a noi stessi i nostri corpi e i nostri strumenti. Questo è il sogno non di unlinguaggio comune, ma di una potente eteroglossia infedele. È l'immaginazione di una femminista invasata che riesce a incutere paura nei circuiti dei supersalvatori della nuova destra. Significa costruire e distruggere allo stesso tempo macchine, identità, categorie, relazioni, storie spaziali.
Anche se entrambe sono intrecciate nella danza a spirale, preferisco essere cyborg che dea.


ciao auppo.........il mondo è fatto per gli dei