lunedì 31 maggio 2010

Léo Malet e il noir.

Dopo una lunga assenza ritorno a scrivere. Questa volta di letteratura. Léo Malet scrive nel 1948 "La vita è uno schifo", romanzo noir che diventerà una pietra miliare del genere oltre che riferimento sostanziale del noir. La trama è semplice, ma a ben vedere serve da sostegno alla psicologia che la sottende. Il protagonista è un anarchico e sindacalista che rapina banche, fuma e beve e ammazza senza motivo, brutalmente. Ma risulta simpatico o addirittura "tenero" e timido. Ciò che lo spinge a uccidere e a rapinare non è tanto la voglia o l'ideale politico-sociologico, quanto una storpiatura psicologica. Un intimità rubata, un'infanzia ferita. Si avverte fin dall'inizo, dalle prime battute un senso di smarrimento e di inferiorità nei confronti dell'altro, sopperito e colmato dal "sesso" della pistola, prolungamento delle sue paure e del suo inconscio. C'è una storia d'amore comprensibile eppure surrealista, come tutto il romanzo intriso di atmosfere noir e surrealiste allo stesso tempo. Un amore che non si traduce in passione, pur volendola accenare, né in tenerezza. Non è freddezza quella che traspare, ma indifferenza. Léo Mallet abilmente riesce a equilibrare i vari elementi che caratterizzano il romanzo, tant'è che infine ogni gesto del protagonista viene vissuto fino in fondo, ma non rimane come ferita, semmai come lieve graffio. L'atmosfera cupa e ombrosa non è opprimente. Dietro la vicenda surreale di Jean c'è la vita. Per questo non sconvogle. Il reale descritto cosi abilmente diventa surreale, eppure è tutto, anzi sembra tutto vero. La frase "la vita è uno schifo", che dà il titolo al romanzo, viene ripetuta più volte proprio per riportare il lettore alla vita vera. Intrecci polizieschi (meccanici risvolti in questo senso) non ci sono e, diciamo, meno male. Un uomo può uccidere per noia, per indifferenza, per ideologia, per sport, per problemi psicologici. Per solitudine, per complessi di inferiorità. Nelle atmosfere fumose e alcooliche di questo noir dell'imminente dopo guerra, si uccide un pò per tutti questi motivi e nessuno in particolare. Nuvole di fumo, odore dolce del sangue, polvere da sparo, rum, Gloria, lo psicanalista che "svela" la mente malata, la pazzia surreale che porta Jean a costituirsi, rivoltelle alla mano, alla polizia. Tutto può essere scontato, già visto, anche al cinema. Ma è il primo noir della storia e ha fatto culto. Perché dietro la trama c'è qualcosa che pulsa e sa di vita e "la vita è uno schifo". In fondo. Per un motivo o per un altro. Abbiamo tutto (schifo compreso), ci manca solo una rivoltella.

1 commento:

Anonimo ha detto...

mi ricorda te!